Menzionata in manoscritti del sedicesimo secolo e probabile evoluzione del mustum ardens (mosto di vino reso ardente dalla farina di grani di senape ndr) citato in un testo francese del 1288, la mostarda è ormai parte del patrimonio culinario italiano con molteplici variazioni dall’Emilia Romagna al Piemonte passando per Lombardia ed alcune regioni del sud. L’unica ad avere origini nobili però è quella carpigiana con mosto fermentato di uva rossa, mele dolci e mele cotogna, pere, buccia d’arancia ed almeno una decina di gocce di senape per chilogrammo di composto. Altra varietà particolarmente apprezzata sia alla vista che al palato - ed ideale come accompagnamento al bollito misto - è quella cremonese con ciliegie, mele cotogne, mandarini, fichi, pesche, a volte albicocche, sciroppo e olio essenziale di senape. Per assaggiarla nel suo ambiente naturale l’indirizzo consigliato da la guida MICHELIN a Cremona è il ristorante La Sosta a pochi passi dal Duomo.
Oltre a “sgrassare” i cibi con la sua piccantezza, la mostarda è anche un efficace metodo per conservare la frutta come scoperto dai monaci alla fine del 1300 che ne preparavano una tipologia simile a quella di Voghera. Proseguendo con le variazioni sul tema, a Vicenza i frutti diventano polpa e nelle zone del mantovano restano invece interi diventando, una volta sminuzzati al coltello, ingrediente nei tortelli di zucca. Arrivati a Bologna, dove viene utilizzata come ripieno di ravioli e pinza, troverete una mostarda dalla consistenza più simile ad una confettura con sapore vagamente aspro, mentre in quella veneta si aggiungono vini e canditi prima di affiancarvi il mascarpone come goloso abbinamento delle feste invernali.
La mostarda Cougnà invece è perfetta su robiole e formaggi stagionati e riporta al mustum ardens perché a base di mosto d’uva Barbera, mele cotogne, pere madernasse e nocciole tostate. Il mosto d’uva cotto è protagonista anche nella mostarda calabrese e siciliana, dove viene depurato utilizzando la cenere ed impastato con farina e cioccolata oppure farina di grano duro e aromi.
Se leggendo vi è venuto un languorino, scegliete uno dei tanti indirizzi che trovate su guida.michelin.it
Hanami, ammiriamo i ciliegi in fiore!
La vista della fioritura dei ciliegi è un evento primaverile apprezzato dai Giapponesi sin dai tempi antichi.
Un ideogramma, tanti significati: il dolce per la Festa della Donna
Quanti ruoli e quanti significati ci sono oggi nella parola donna: lavoratrice, madre, amica, figlia, imprenditrice, generatrice di vita. E, ogni volta che si vuole “ridurre” la donna a “una cosa sola” si commette un grave errore.
Il dolce di San Valentino: Yin & Yang, l’equilibrio degli opposti
L’amore è equilibrio degli opposti, una forma di condivisione profonda che richiede sia la valorizzazione del sé che la ricerca dell’armonia tra le parti.
Eccellenze d’Umbria: le delizie biologiche di Capoccia Bio
Biologico, di nome e di fatto. Gabriele Capoccia ha innovato la storica azienda di famiglia per proiettarla nel futuro. A Gualdo Tadino (PG) un polo di eccellenza tra farine, zafferano e pane appena sfornato.