Iniziata quando la regnante Maria Teresa d’Austria, decise di collegare Venezia, il Tirolo e la Baviera per scopi strategico-commerciali con l’attuale SS51 che attraversa Vodo di Cadore: tipico borgo ladino in cui l’insegna (da sempre proprietà della famiglia Gregori) racconta il suo passato esibendo trofei di caccia, affreschi, orologi e argenteria tra legni alpini e luminose vetrate, ma anche con un nuovo wine-bar all’ingresso. Elementi evocativi delle tradizioni montane e trasparenze sui massicci dell’Antelao e del Pelmo: monumenti dolomitici a vegliare su territori di grande ricchezza gastronomica da cui il ristorante Al Capriolo attinge a piene mani.
La selezione di abbinamenti, tanto creativi quanto ispirati ai sapori di una volta, parte sempre dalla natura circostante, dai prodotti artigiani e dagli allevamenti locali. Trittico alla base di una genuina e precisa filosofia intuibile da ogni voce e reparto del menu: Tartare di cervo, rape rosse e pan brioche; trancio di salmerino cotto a 55°, rape marinate al bergamotto, oxalide, salsa alla prugna; cappellacci piastrati ripieni di cotechino su vellutata di fagioli gialet, miso e tartufo bianco.
L’ottimo livello delle preparazioni di Francesco Paonessa - chef perfettamente a suo agio con le materie prima della Val Boite e dintorni - trovano riscontro anche nelle note degli ispettori MICHELIN che al seguito della visita, hanno messo in evidenza l’orto e il bosco (cereali soffiati, ortaggi, radici, tuberi e funghi), il gran piatto di cacciagione ed il tiramisù sferico. Il restyling non ha risparmiato il fratello minore, il Capriolino: osteria con poche specialità tradizionali ad un prezzo interessante. E se proprio volete prolungare la sosta, sei belle suite sono a disposizione degli ospiti per indugiare in questi territori di pascoli e limpidi torrenti, di foreste e vette patrimonio Unesco, di rifugi con spettacolari terrazze panoramiche e di antiche malghe in cui degustare latte appena munto e prelibatezze casearie d’alta quota.